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A.B. 26 agosto 2009
Bos’art: Ecco Il pianto della statua
La sezione eventi speciali si chiude giovedì con la prima regionale del film diretto da Elisabetta Sgarbi, ispirato ad un saggio di Giovanni Reale


BOSA - Una presentazione davvero speciale quella di Elisabetta Sgarbi, regista, scrittrice, giornalista, direttrice editoriale, figura artisticamente istrionica quanto il fratello Vittorio, che in anteprima nazionale proporrà nel rush finale di questa sesta edizione di “Bos’Art”, domani, giovedì 27 agosto, il suo filmato, “Il pianto della statua”, ispirato ad un saggio di uno dei massimi storici del pensiero antico come Giovanni Reale.

Il film, commissionato alla Sgarbi dalla Regione Emilia Romagna, il cui titolo trae ispirazione da un'opera di Corrado Govoni del 1930, nasce dal desiderio di dare voce a quel mirabile “teatro sacro”, in cui potremmo riassumere il senso profondo dei “compianti”, capolavori scultorei dell’arte umanistica e rinascimentale in cui pare essersi incarnata tutta l’esperienza del dolore umano illuminato dalla scintilla ultraterrena della fede.

E’ un teatro che si trasforma in cinema, sfruttando le immense potenzialità d'immagine di queste composizioni “materiche” quasi senza tempo, quali sono effettivamente quelle di Niccolò dell'Arca, di Guido Mazzoni e di Antonio Begarelli. E che si trasforma anche in letteratura, come stanno a dimostrare, con estrema evidenza rappresentativa, i testi che accompagnano il film di cineasti internazionali, come Michael Cimino e George Romero, e di scrittori di diversa provenienza, come Antonio Scurati, Diego Marani, Pino Roveredo, Lucrezia Lerro e Vittorio Sgarbi.

Le voci intense di Anna Bonaiuto e Toni Servillo danno poi corpo vivo e reale al canto d’amore e di dolore in cui si risolvono questi testi, fino a sciogliere le statue in un pianto liquido, restituendo quasi allo spettatore l’originaria esperienza che ispirò ed inquietò gli artisti dei Compianti. Ed è per questo che la visione teatrale che si produce grazie ed attraverso quelle opere inimitabili e non minori, diventa, per il tramite della macchina da presa, una visione centuplicata: che riafferma, al di là d’ogni limite interpretativo, una simbiosi d’arte, cinema e letteratura.
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