Domani sera, domenica 9 marzo, il Teatro Civico ospiterà L´amore, la vita e la morte ai tempi del ghetto, liberamente tratto dal romanzo Il muro di Varsavia di John Hersey
ALGHERO - Un “canto per la vita” contro la cultura di morte e la ferocia del nazismo: domani, domenica 9 marzo, alle ore 21, al “Teatro Civico” di Alghero, va in scena “Una cena veramente straordinaria/L'amore, la vita e la morte ai tempi del ghetto”, la pièce del “Teatro Barbaro” scritta, diretta ed interpretata da Senio G.B.Dattena, protagonista insieme all'attrice Maria Loi, sulle note della fisarmonica di Maurizio Serra, dell'emozionante racconto sulla storia del Ghetto di Varsavia.
Viaggio nella memoria per la “Stagione di Prosa 2013-14” del “Cedac” (nell'ambito del 34esimo “Circuito Teatrale Regionale Sardo”) con lo spettacolo ispirato ad “Il muro di Varsavia”, il romanzo del giornalista e scrittore statunitense John Hersey che ricostruisce (a partire dal cosiddetto “Archivio Levinson”) le vicende della comunità ebraica nella capitale polacca dopo la conquista tedesca, dall'istituzione del ghetto all'inasprirsi delle persecuzioni, la deportazione nei lager ed infine la rivolta, ultimo e disperato atto di ribellione contro l'orrore. Un artificio letterario (l'invenzione dei taccuini, una sorta di diario che un cronista ebreo, Noach Levinson, avrebbe tenuto come testimonianza di quei giorni terribili) – permette di restituire la voce alle vittime, di ridar loro un volto, dei pensieri oltre l'incubo spaventoso della Shoah.
Una cena veramente straordinaria parla delle donne e degli uomini, dei vecchi, dei bambini e dei ragazzi (gli abitanti del quartiere Nalewki, nella città vecchia) costretti a condividere un amaro destino: frammenti di “normalità” quotidiana, tra piccole incombenze e minute preoccupazioni, l'organizzazione dei riti e delle feste, lo sbocciare di nuovi amori, la nascita dei bambini, segnale di speranza e di un irredimibile desiderio di vita. Le piccole cronache domestiche (le difficoltà crescenti nel reperire cibo e indumenti, le ansie per il futuro dei figli, la celebrazione di un matrimonio) diventano struggenti nell'assenza, quali uniche tracce, nel ricordo, delle centinaia e migliaia di persone cancellate dalla storia, travolte nell'immane tragedia scatenata dalla follia nazista, uccise dall'inquietante “banalità del male”.
La coscienza della fine, dopo mesi di privazioni e di stenti, di epidemie, di morti, nell'isolamento del ghetto, tra corpi emaciati e stremati dalla fame, non riesce a spegnere il sentimento di umanità né a spezzare i legami di affetto, di amicizia e solidarietà, che anzi paradossalmente sembrano rafforzarsi sull'orlo del baratro, come se in quel mondo capovolto, in mancanza di tutto, siano rimasti l'unica vera realtà. Il ghetto di Varsavia (creato dai nazisti) è come una città nella città; e nonostante l'inquietudine e la paura la vita continua, ci s'innamora, ci si fidanza e ci si sposa, si mettono perfino al mondo dei figli, si cerca di rispettare il calendario delle celebrazioni, di conservare un barlume di logica nel caos. Pur in quelle condizioni estreme, alle soglie dell'indicibile (con le prime intuizioni sulla“soluzione finale”), si sperimentano istanti di felicità, si riesce a sorridere e assaporare, forse con maggiore intensità, il gusto della vita. Quell'ultima cena è un ulteriore atto di coraggio, e di sfida, contro il regime nazista ed il crudele stillicidio perpetrato ai danni degli ebrei, alla vigilia dell'evento che resterà stranamente isolato tra le cronache della Shoah: la rivolta del Ghetto di Varsavia. Una ribellione “inutile” (sul piano strategico), dal finale già scritto, ma che lascia intravedere la possibilità di un'altra storia, scritta dalle donne e dagli uomini, contro la tirannia della paura, in nome della libertà e della vita.
Nella foto: Senio G.B. Dattena
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