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Red 5 aprile 2017
Latte Dolce e Roma: raduno giovanile a Sassari
Lunedì 10 aprile, nell´impianto di Via Cilea, le due società hanno organizzato un raduno riservato ai giovani calciatori. Il responsabile tecnico del raduno Massimo Tarantino. Delrio e Ravot raccontano la loro esperienza in giallorosso


SASSARI – Il Latte Dolce punta sul vivaio e scommette sui giovani. Una filosofia diventata risposta all'esigenza ed opportunità per la società biancolceleste, che sul Settore giovanile investe tempo, competenze e risorse nel tentativo di costruire un importante serbatoio di opportunità per il team e per l'intero movimento isolano e nazionale. Lavorare sui giovani, coltivare i semi e farli diventare alberi solidi e forti, sfruttando all'occorrenza il sostegno e la sinergia attivata con alcune delle più importanti realtà calcistiche dell'Italia del pallone, come la Roma.

Per lunedì 10 aprile, a partire dalle ore 15, sui campi in sintetico di Via Cilea, il Latte Dolce, in collaborazione con la Roma, organizza un raduno riservato a giovani calciatori nati fra il 1 gennaio 2003 ed il 31 dicembre 2004, con Massimo Tarantino responsabile tecnico del raduno. «Per i ragazzi, sarà l'occasione per testarsi e confrontarsi, per imparare e crescere – spiega il responsabile tecnico del Settore giovanile biancoceleste Marco Bottegoni - Noi ci crediamo sempre, e speriamo che uno dei nostri giovani calciatori possa approdare a palcoscenici importanti. Gli esempi non mancano, come nel caso di Ivan Delrio e Simone Ravot, entrambi in forza alla nostra prima squadra con alle spalle una preziosa esperienza vissuta proprio in giallorosso».

«Un'esperienza fantastica. Scelsi di andare a Roma pur avendo anche altre opportunità fra cui il Cagliari. Credo sia stata la scelta giusta – spiega Delrio - per me, e per il blasone e la storia del team giallorosso. Il primo giorno a Trigoria mi ricordo di aver fatto colazione con molti dei giocatori della prima squadra: fu subito grande emozione. Sul fronte tecnico, posso dire che in due anni ho imparato tantissimo sul campo, grazie a due allenatori come Stramaccioni e De Rossi, che mi hanno insegnato a giocare a calcio. Avendo avuto la fortuna di allenarmi a volte con la prima squadra guidata da Spalletti, ho potuto migliorare ancora di più, rendendomi conto che giocatori che sembravano alieni, che giocavano la Champions, erano in realtà esseri umani diventati grandi calciatori grazie alle loro doti, certo, ma anche grazie all'ambiente e alle società in cui si erano formati. Dico che se un ragazzo ha buone qualità deve crederci e cercare di conquistarsi le opportunità, anche se non é facile e non lo è soprattutto per noi sardi che siamo abbastanza isolati e lontani dal calcio del continente. Ho avuto la fortuna di giocare in una squadra composta dai giocatori più promettenti del settore giovanile giallorosso al tempo, di allenarmi e fare amicizia con loro, vedi Florenzi, Bertolacci e D'Alessandro, che sono oggi i più conosciuti. Per non parlare del brivido provato al primo ingresso all'Olimpico, uno stadio bellissimo. La cosa più bella é il tifo calorosissimo dei tifosi capitolini, veramente da brividi. Ho fatto il raccattapalle in Champions League e sventolato il pallone a centro campo durante la canzone della competizione, vedendo poi da dentro il campo un Olimpico pieno: fantastico. Un'esperienza che mi ha fatto crescere anche sotto l'aspetto caratteriale, perché avevo sedici anni e vivere lontano da casa mi ha formato sotto tanti punti di vista. Mi auguro che in futuro i giovani calciatori sardi possano avere più opportunità di arrivare in società di un certo calibro e di poter sognare in grande e assaporare il calcio a quei livelli. Posso garantire che ci sono tanti sardi che a livello di talento e qualità non hanno niente da invidiare a chi ha invece l'opportunità di formarsi in certi ambienti. É una strada difficile e comporta tanti sacrifici, ma è giusto che soprattutto chi ha talento ci creda e ci provi. Io, infatti, a 25 anni non ho ancora smesso di crederci».

«Ho vissuto due anni nel convitto di Trigoria – interviene Ravot - dentro il centro sportivo. Un ambiente sereno e ricco di tante belle cose: non si poteva chiedere di meglio. Mangiavamo e dormivamo lì, a 50metri dai campi di allenamento delle giovanili e della prima squadra della Roma. Il mio primo allenatore è stato Vincenzo Montella (oggi tecnico del Milan in serie A), guidava i Giovanissimi nazionali, poi è passato alla panchina della prima squadra dopo le dimissioni di Ranieri. Quell'anno, vincemmo il campionato dopo una lotta all'ultimo sangue con la Fiorentina. Ho avuto la fortuna di avere compagni che ora giocano in campionati importanti come la B e la A: Daniele Verde (Avellino), Lorenzo Pellegrini (Sassuolo) e Gabriele Marchegiani (Spal), per citarne alcuni. Mio compagno di stanza era Federico Viviani, ora in forza al Bologna. Una grande persona, molto umile. Ho avuto fortuna anche di stare a contatto e parlare con De Rossi, Totti, Borriello e molti altri ancora. Per quanto mi riguarda, dico sono stati due anni fantastici della mia vita: mi hanno aiutato a crescere e a non commettere errori, nel calcio certo, ma anche nella vita. Il ricordo più forte? Il gol decisivo segnato contro la Lazio allo scadere del tempo: un'emozione indescrivibile».

Nella foto (di Alessandro Sanna): Ivan Delrio
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