Un piano regionale per la famiglia è la richiesta della Cisl alla Regione sarda all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria e di bilancio
CAGLIARI - Un piano regionale per la famiglia è la richiesta della Cisl alla Regione sarda all’indomani dell’approvazione della legge finanziaria e di bilancio. Il provvedimento finanziario uscito dall’aula del Consiglio regionale, infatti, per la sua impostazione, per le risorse distribuite, ma ancor più per la “ratio” che sembra caratterizzarlo non risolve – nonostante i ricuperi tentati sulle principali emergenze – il primo problema dei sardi: quello del lavoro.
Qualche dato: nel quarto trimestre 2012 il tasso di occupazione in Sardegna è stato del 49,8% il più basso dal 2010. Nello stesso periodo la disoccupazione è stata del 16,4%. La disoccupazione giovanili in diverse zone della Sardegna ha superato il 50%. Gli effetti e i contraccolpi – economici e psicologici – li ha subiti e , quando è stato possibile, attutiti la famiglia. Secondo i dati del Rapporto Bes 2013 (Benessere equo e sostenibile), la Sardegna ha un indice di rischio di povertà relativa del 22,7%, inferiore solamente a Sicilia, Basilicata, Puglia e Calabria. L’indice di grave deprivazione materiale colpisce 9 abitanti su 100; quasi 9 persone su 100 vivono in famiglia senza occupati.
Per questi motivi la povertà non può essere circoscritta solamente ai limiti reddituali, che per i 470 mila sardi pensionati Inps non superano mediamente 670,65 euro/mese, molto al di sotto, dunque, della capacità di spesa di Euro 1011,03 per due persone indicata dall’ISTAT per non oltrepassare la soglia della povertà relativa. Il Piano regionale per la famiglia, che potrà essere predisposto, come da tempo chiede la Cisl, da un “Dipartimento famiglia”, appositamente istituito presso l’Assessorato delle politiche sociali, necessita non solamente di una ridistribuzione equa delle risorse, ma comporta un cambiamento totale di rotta innovando tutte le politiche verso un loro maggiore tasso di familiarità.
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